martedì 7 dicembre 2010

Il senso del non senso

lampadina
Ho provato a mangiare un'idea
Tempo fa credevo che la poesia avrebbe salvato il mondo.
Credevo che se fossi stata in grado di scrivere una frase di senso compiuto, grammaticalmente corretta e che suonasse bene insieme al resto del testo potevo meritarmi l'eternità.
Ed ho cominciato a scrivere.
Avevo 7 anni.
I miei primi versi parlavano di una cicala e fu proprio a quell'età che creai la mia prima rima
Me la ricordo ancora.
"...ma nel suo cuore rimarrà quel dolce canto che non ritornerà"
Ero felice. 
Avevo 7 anni e credevo di aver trovato la mia strada. 


"Mamma, da grande voglio mettere insieme le parole per formare bellissime frasi".
E continuai a scrivere. 
Scrivevo dovunque e su qualsiasi cosa.
Scrivevo a scuola, scrivevo su quaderni che riuscivo a riempire in pochi giorni, scrivevo sui muri e sulle pareti della mia camera.
Scrivevo.
E creavo versi che a me, personalmente, piacevano davvero tanto.
Poi, un giorno, ho scoperto il senso del non senso.
Avevo 17 anni.
Un giorno mi sono resa conto che anche se scrivevo le mie idee in maniera sconclusionata potevo generare un'emozione.
Così ho abbandonato il senso e mi sono lasciata andare all'enfasi del getto.
Ora credo di essere in grado di gestire entrambe le cose, però...
Ho capito che la poesia non lo salverà il mondo.
La poesia, i versi dei poeti sono puri abbellimenti antichi di un contemporaneo letterario fermo a 100 anni fa, se non di più.
Adesso è da un po' che non scrivo poesie. 
Le idee non mi mancano, forse neanche l'ispirazione.
Ciò che mi manca è il senso del verso.
Ed anche un po' il non senso.
Adesso con le parole ci lavoro. 
Cerco sempre di rendere piene delle parole vuote e scontate e non sempre ci riesco.
E' difficile far piacere agli altri qualcosa in cui credi poco anche tu.
La mia vittoria più grande sarebbe riuscire a meravigliarmi io stessa delle mie parole.
Solo così riuscirei davvero ad animarle e renderle reali.

"Se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione..."
Più che vero. 
Verissimo.
Gaber ci aveva preso in pieno.
E' l'eterno dilemma della parola astratta che tarda a farsi concreta.
Interiorizzarla non basta mai, almeno per me. 
Realizzarla, ecco cosa sarebbe necessario.
Mangiarla.


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